La Rete dei primissimi anni, quella “assaggiata” dai pionieri negli anni ’90 e nei primi anni ‘2000 è molto diversa da quella che abitiamo oggi.
L’uguaglianza tra gli utenti, la decentralizzazione, lo spirito collaborativo dei primi tempi ha ceduto il passo a un Web in cui poche organizzazioni, agglomerati economici più ricchi e potenti di intere nazioni, gestiscono il monopolio di intere funzionalità.
Se nel primo web tutti erano piccoli proprietari del loro piccolo sito, o vivevano in affitto – in hosting – in qualche piccolo condominio locale, con i social network come Facebook, Instagram e Twitter abbiamo accettato di portare i nostri contenuti, i nostri dati e le nostre relazioni all’interno di giganteschi alberghi dove siamo ospiti, obbligati a sottostare a una serie di regole e di cambi di policy. E non siamo nemmeno ospitati gratuitamente: paghiamo con i nostri dati e paghiamo esponendoci alla pubblicità.
Ma è possibile unire le funzionalità dei moderni social network agli ideali di libertà e di decentralizzazione della Rete di una volta?
Mastodon nasce nell’ottobre 2016 dall’idea di un programmatore tedesco, Eugen Rochko, all’epoca 24enne.
Che cos’è Mastodon? Mastodon, che ha come mascotte un mastodonte, un parente estinto di un elefante, è una piattaforma di micro-blogging molto simile a Twitter. La differenza gigantesca è che mentre Twitter è un social centralista, che risponde a un’unica proprietà e a un’unica dirigenza, Mastodon è una “rete libera, open-source e decentralizzata” del mondo. Di fatto, un Twitter “autogestito” senza pubblicità, senza algoritmi, senza raccolte dei dati degli utenti.
«Mastodon – scrive il sito italiano mastodon.it – è un social network senza pubblicità e algoritmi, un’alternativa decentralizzata alle piattaforme commerciali, evita i rischi che un’unica azienda monopolizzi la nostra comunicazione». «Mentre Twitter è un’unica grande entità aziendale – spiegano – Mastodon è più simile a un gruppo di negozi locali a gestione familiare»
Se per Twitter la porta di accesso ai cinguettii è unica per tutti Mastodon è una rete decentralizzata: questo significa che esistono centinaia di server diversi in tutto il mondo divisi per territorio o per tematica.
Per l’Italia vi sono istanze come “Mastodon Uno”, “Sociale Network”, “Partecipa Digital”, “Luoghicomuni.Social”, ma anche territoriali come “Senigallia.One”, “Saronno.One”.
So già cosa starete pensando: a cosa servono social così piccoli se non posso dialogare con tutti? È qui la vera differenza: all’interno della nostra istanza noi potremo scrivere, dialogare, rilanciare e rispondere anche con tutti gli iscritti di tutte le altre istanze. L’unica differenza, anche visiva, con Twitter è che il nostro nome account sarà doppio, con due chiocciole. La prima chiocciola sarà seguita dal nostro nome o pseudonimo, al quale seguirà la seconda chiocciola con il nome dell’istanza attraverso cui ci saremo iscritti. In ogni momento potremo “migrare” il nostro account su altre istanze senza perdere né i messaggi né i follower.
Con la discussa acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk, le polemiche sui costi degli account verificati, anche le istituzioni europee hanno scelto di sposarne il progetto aprendo delle istanze come social.network.europa.eu.
Veniamo alla grande nota dolente: per quanto gli ideali di Mastodon sembrino condivisibili, non è facile trasferirsi di punto in bianco in un nuovo social dove – per ora – si possono trovare solo una frazione di contenuti rispetto a quelli di Twitter.
Il lato positivo è che possiamo farlo noi, senza alcuno sforzo, in maniera totalmente automatica, grazie a servizi gratuiti di crossposting come https://crossposter.masto.donte.com.br: basta accedervi con entrambi gli account – quello di Twitter e quello di Mastodon – in modo che tutti i nostri post vadano da una parte all’altra, o viceversa, ogni volta che ne pubblicheremo.
Dunque, proviamo: puoi accedere a Mastodon da una delle tante istanze, dal sito joinmastodon.org o tramite app.
Testi: Andrea Canton