Rimanere buoni sul web: la scelta controcorrente si rivela vincente

 

 

 

Come ci ha cambiati la Rete? Qualche anno fa la domanda che ci si faceva – e che avevamo citato in un Tutorial WeCa del 2019 – era quella di Nicolas Carr: “Internet ci renderà più stupidi”? Oggi la domanda è diversa, e tiene conto della pandemia, delle guerre, delle tensioni sociali: “Internet ci ha reso più cattivi?”.

Per certi aspetti la risposta è sì. E per motivi banali. Non vedere in viso la persona con cui si sta litigando su Facebook, magari per futili motivi, ci spingerà ad usare parole più cattive e ragionamenti più graffianti rispetto a ciò che avremmo detto alla stessa persona in carne e ossa alla fermata dell’autobus.

Ma ci sono anche questioni più profonde, legate alla natura stessa dei social media, più interessati ad aumentare l’interazione che abbiamo con essi e il tempo che vi passiamo che a farci del bene. Per questo, sugli schermi mediati dai social, il mondo che vediamo è quello che viene maggiormente cliccato, discusso e rilanciato. Questa logica da “trending topic” si è diffusa anche al mondo del giornalismo, online, in tv e su carta. E dunque, rispetto al passato, sono le notizie più divisive, le dichiarazioni più polemiche, i confronti più accesi ad arrivare alle nostre orecchie. E non è colpa solo dei social. Ammettiamolo: tra due recensioni allo stesso ristorante, quale leggeremmo con più attenzione? Quella che elenca semplicemente i piatti assaggiati o quella veemente piena di improperi e immagini colorite? E tra due post sul gruppo social del paesello, quale riscuoterebbe maggiormente il nostro interesse? Quello del mercatino dell’usato o l’ennesima rovente polemica tra vicini che non si vogliono troppo bene?

Secoli di educazione, di etichetta e di galateo – oltre che la nobile aspirazione al bene comune – hanno raffinato le usanze delle persone. Sul web, dove ogni giorno c’è una novità, questa educazione richiede un impegno più massiccio e un audace spirito di adattamento. Ma non basta.

Se esperienze come quella di Parole Ostili hanno contribuito a porre il tema di una comunicazione positiva all’attenzione di aziende, comunicatori, media e istituzioni, sul web sempre più realtà e personaggi scelgono di abbracciare una comunicazione sempre più abrasiva, pungente e a volte ostile perché pensano che recitare la parte del cattivo porterà loro dei vantaggi. Avviene nelle realtà economiche, ma capita anche in politica.

Sally Susman, a capo della comunicazione di Pfizer, ha spiegato invece nel suo libro “Riuscire a sfondare: comunicare per aprire le menti, smuovere i cuori e cambiare il mondo” come invece sia la comunicazione gentile a fare la differenza. Una comunicazione capace di contrastare impulsi e istinti di pace per far sentire davvero le persone “viste e ascoltate”. In un articolo sull’Harvard Business Review Susman spiega come la scelta di essere buoni – buonisti, direbbe qualcuno – semplicemente conviene di più, e ci fa anche stare meglio, rispetto alla via della polarizzazione, dell’aggressione e della sfiducia.

Il primo consiglio pratico di Sally Susman suggerisce di affrontare anche le situazioni più tese con gentilezza. Affrontare scambi impegnativi con ringraziamenti sinceri, mostrando di essere presenti per ascoltare e contribuire, non solo distende l’atmosfera ma apre la mente degli altri alla risoluzione creativa dei problemi.

Altro suggerimento che ci viene da questo essere buoni e vincenti è quello di riconoscere e apprezzare sempre il contributo altrui, ringraziando e valorizzando. Anche sui social, piuttosto che polemizzare, porta più frutti parlare bene degli altri, non solo generando in essi entusiasmo, fiducia e lealtà, ma anche mostrando la maturità e la fiducia in sé stessi di chi loda.

Infine, anche dare agli altri spazio e opportunità di chiarirsi, invece di metterli all’angolo con ragionamenti o “debunking” aggressivi, permette di ridurre l’ansia degli interlocutori mostrando un interesse genuino nei loro confronti, e non la voglia di “metterli al loro posto”.

I “cattivisti” riceveranno sì una forte attenzione dagli algoritmi social e dunque dalle persone, ma cosa faranno di questa notorietà? No, non è vero che è importante che si parli anche male di noi, purché se ne parli. La realtà ci dimostra che i frutti concreti di una comunicazione ostile sono momentanei e scarsi. Anche nelle nostre realtà locali, anche dai nostri profili social personali, la strada della comunicazione gentile è quella che ci porterà più lontano.

Testi: Andrea Canton

Autore: Andrea Canton
Leggi il tutorial completo su weca.it